La condizione di terminalità non è legata all’età, né al tipo di malattia o all’impossibilità di guarire. La terminalità è una condizione fisica e psicologica, che si realizza quando la malattia degenerativa, in evoluzione rapida, induce una prognosi infausta, di morte come diretta conseguenza della malattia (Di Mola G., 1994).
In questa fase si parla di “dolore totale”, facendo riferimento alla globale condizione di sofferenza che colpisce ogni dimensione della qualità di vita: fisica, psichica, sociale e spirituale. In questi casi l’approccio medico cambia totalmente e viene orientato al soddisfacimento del prioritario obiettivo di migliorare la qualità del tempo rimanente al paziente. Scopo principale delle cure palliative è di fatto migliorare anzitutto la qualità di vita, piuttosto che la sua durata, assicurando al paziente e alla famiglia un’assistenza continua e globale (Ventafridda V.,1990) e garantendo al malato una “buona morte” secondo i suoi valori (Toscani F. et al.,2003).
I familiari sono i soggetti più partecipi al dramma dei malati ed il quadro diventa ancora più intenso quando si arriva alla fase terminale. I famigliari diventano “caregivers” ossia portatori di cure, anche se, talvolta, non sono preparati a ricoprire questo ruolo. Assistere e sostenere il proprio caro quotidianamente per accompagnarlo alla morte rappresentano una dura prova per la famiglia sconvolta nel suo assetto e sommersa da bisogni nuovi ed impellenti. La malattia nella sua inscindibile globalità è influenzata in modo significativo da dinamiche ed esperienze psicologiche spesso sottovalutate o non sufficientemente note; la mancata considerazione degli aspetti psicoemozionali rischia di amplificare sentimenti di disagio, solitudine e dolore non solo del malato e della sua famiglia ma anche dell’équipe assistenziale.
La cosa più preziosa che la famiglia e il paziente possono offrirsi reciprocamente è la disponibilità ad attraversare questo periodo insieme. Cercare di condividere un’esperienza drammatica come quella della malattia e/o della morte non può che agevolarne l’accettazione, rendendo coloro che vi si sono coinvolti ancora più uniti .
La gestione della sofferenza legata al malato in un’ottica olistica e sistemico-familiare risulta, quindi, valore imprescindibile della Cure Palliative che accompagnano il malato neoplastico e la sua famiglia nel tortuoso percorso della fase terminale.
|